Federalimentare conferma la ripresa della produzione
La produzione alimentare italiana 2017 ha segnato un aumento del +1,7% sull’anno precedente. Si tratta di un’ulteriore accelerata dopo il +1,1% del 2016. La ripresa produttiva è inconfutabiledice il Centro Studi di Federalimentare, e consente al settore di recuperare sostanzialmente il livello di produzione del 2007, ultimo anno pre-crisi. A fianco, la produzione industriale nel suo complesso, malgrado il buon +3,0% registrato a consuntivo 2017, rimane ancora 19 punti sotto il livello pre-crisi.
Il fatturato del comprato agroalimentare fa un balzo superiore alle aspettative. Dopo quattro anni di stop a quota 132 miliardi, la combinazione del citato aumento di produzione e di un aumento dei prezzi alimentari alla produzione del +2,0% in media d’anno porta la stima del fatturato 2017 a quota 137 miliardi, con un aumento del +3,8% sul 2016.
Le vendite alimentari 2017 chiudono con un +0,8% in valore e un -1,0% in volume, confermando una perdurante stagnazione. Le vendite “non” alimentari 2017 hanno segnato, in parallelo, un -0,1% in valore e un -0,2% in volume. Dai confronti valore/volume emerge chiaramente che i prezzi, l’anno scorso, hanno corso di più nel mondo alimentare. E che la pressione sui costi del settore alimentare (i prezzi alla produzione sono aumentati del +2,0% nel confronto 2017/16) si è riversata interamente al consumo. Essa va monitorata attentamente, anche perché potrebbe indebolire i fragili profili di ripresa attesi sul mercato. Intanto, gli ultimi dati sull’inflazione indicano che essa, a marzo, ha segnato un tendenziale del +0,9%. Ne esce un netto taglio rispetto ai trend di metà 2017 (era al +1,5% nel giugno scorso), col rischio di riavvicinarsi ai trend di “quasi deflazione” del triennio 2014-16. In ogni caso, è evidente che una inflazione così bassa (anche se l’alimentare ha segnato a marzo un tendenziale maggiore, pari al +1,3%) non incentiva a sufficienza il mercato.
L’export 2017 dell’industria alimentare raggiunge la quota di 31,9 miliardi di euro, con un aumento del +6,3% sul 2016, un filo inferiore ai tendenziali immediatamente precedenti. Le performance sul passo lungo dell’industria alimentare sono state largamente premianti. Negli ultimi dieci anni l’export ha segnato un aumento del +75,7%, contro il +24,7% del totale industria. Ne esce un differenziale di 51 punti. L’export delle indicazioni geografiche protette ha registrato nel decennio un aumento del +140%, quasi doppio rispetto al passo messo a segno in parallelo dall’industria alimentare nel suo complesso. L’incidenza export/fatturato 2017 raggiunge il 23,4%, avvicinandosi a un quarto del fatturato, maturando altresì un salto di dieci punti percentuali rispetto alle incidenze export-fatturato poco superiori al 13% registrate all’inizio dello scorso decennio. Crescite dell’export a due cifre nel confronto 2017/16 sono state messe a segno dai comparti delle acquaviti e liquori, lattierocaseario e dolciario. Nell’ambito dei primi venti mercati, le performance più vistose sono state registrate, nell’ordine, a dispetto dell’embargo, dalla Russia, con un tasso 2 del +28%, e poi dalla Cina, con un tasso del +19%, seguita da Spagna (+16%) e Polonia (+13%).
L’import 2017 di settore chiude a quota 22 miliardi, con un aumento del +6,0% sull’anno precedente, analogo a quello dell’export. Ne esce un saldo attivo di 9,9 miliardi, in aumento del +7,0% su quello del 2016.
Le previsioni 2018 dell’industria alimentare sono intonate a un cauto ottimismo. Il fatturato 2017 di settore, dopo essere salito a quota 137 miliardi, continuerà a crescere. L’export, in assenza di forti turbative internazionali, dovrebbe confermare il trend 2017, per posizionarsi su un passo, quanto meno, attorno al +5-6%. Molto dipenderà comunque dalle misure governative, avverte Federalimentare. Eventuali ritocchi IVA, anche limitati, potrebbero infatti “gelare” nuovamente un mercato interno ancora fragile e molto volatile. Mentre un nuovo freno psicologico per la fiducia del consumatore potrebbe collegarsi alle perduranti, incerte prospettive del quadro politico.