Indagine Vinitaly-Nomisma: gli italiani e il vino al tempo di Covid-19
Il bicchiere è più mezzo pieno che mezzo vuoto. Con questa efficace espressione si può sintetizzare l’andamento del comparto vinicolo in Italia in questa fase di lockdown. Espressione che scaturisce dai risultati di un’indagine Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor presentata oggi in videoconferenza.
Il bicchiere è mezzo vuoto soprattutto perchè, anche se i consumatori italiani (l’85% della popolazione) si dichiarano infatti in buona sostanza fedeli alle proprie abitudini già a partire dalla fase 2, compatibilmente con la loro disponibilità finanziaria è anche vero che la attuale crescita degli acquisti in Gdo non compensa comunque l’azzeramento dei consumi fuori casa.
Che poi, in verità, se il 55% dei consumatori non ha modificato le proprie abitudini, tre su dieci affermano invece di aver bevuto meno vino (ma anche meno birra) in quarantena, a fronte di un 14% che indica un consumo superiore.
Ma come sarà il futuro prossimo venturo?
Ne hanno discusso appunto in videoconferenza il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani e il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini., moerati dal Ceo di Bertani Domains, Ettore Nicoletti.
Il vino – evidenzia l’indagine che ha intervistato 1000 consumatori abituali– non può e prescindere dal suo aspetto socializzante, se è vero che la diminuzione riscontrata è da addurre in larga parte (58%) al regime di isolamento imposto dall’emergenza Covid-19 che ha cancellato le uscite nei ristoranti, le bevute in compagnia e gli aperitivi. Per contro, chi dichiara un aumento ha scelto il prodotto enologico quale elemento di relax (23%, in particolare donne del Sud), da abbinare alla buona cucina di casa (42%), specie tra gli smart worker del Nord.
Insomma, sembra emergere dalla ricerca, Il ‘dopo’ sarà come ‘prima’ per l’80% dei consumatori. O più di prima, con i millennials che prevedono un significativo aumento del consumo in particolare di vini mixati (il 25% prevede di aumentarne la domanda), a riprova della voglia di tornare a una nuova normalità con i consueti elementi aggreganti, a partire dal prodotto e dai suoi luoghi di consumo fuori casa (ristoranti, locali, wine bar), che valgono una fetta di 1/3 del campione in termini di volume (il 42% tra i millennials).
“Se poco sembra modificarsi nelle abitudini al consumo – e questa è una buona notizia –, le imprese del vino sono invece chiamate a profondi cambiamenti, alle prese con la necessità di reagire alle tensioni finanziarie e allo stesso tempo di difendersi dalle speculazioni. Il mercato e i suoi nuovi canali di riferimento saranno le principali cure per un settore che oggi necessita di un outlook straordinario sulla congiuntura e di un partner in grado di fornire nuovi orizzonti e soluzioni. Come Veronafiere da qui ai prossimi mesi vogliamo prenderci ancora di più questa responsabilità a supporto del settore”, ha osservato Giovanni Mantovani.
In generale la quarantena sembra aver appiattito anche gli stimoli alla conoscenza, con la sperimentazione delle novità di prodotto in calo sul pre-lockdown (dal 73% al 59%), la preferenza verso i piccoli produttori (dal 65% al 58%), i vini sostenibili (dal 65% al 61%) e gli autoctoni (dall’81% al 76%). Tendenze queste che a detta degli intervistati torneranno identiche a prima nel post quarantena. Ciò che è cambiato, ma è da verificare se lo sarà anche in futuro, è la preferenza del canale di acquisto online, balzata dal 20% al 25%.
“Per quanto il lockdown abbia cambiato modalità di acquisto e consumo di vino da parte degli italiani, il desiderio di ritornare ‘ai bei tempi che furono’ sembra prevalere sull’attuale momento di crisi e su comportamenti futuri che giocoforza saranno improntati ad una maggior precauzione e distanza sociale. Si tratta di un asset molto importante in termini di fiducia sulla ripresa e che va preservato soprattutto alla luce della imminente fase 2, anche perché il crollo stimato sul Pil italiano per i mesi a venire rischia di avere impatti sui consumi in considerazione di una domanda rispetto al reddito che nel caso del vino risulta elastica, e come tale, a rischio riduzione in virtù della recessione economica”, ha concluso Denis Pantini.