Il Covid impatta su tutta la filiera Horeca: imprese in grave crisi

La crisi economica legata alla pandemia COVID-19 e la prolungata situazione di lockdown della scorsa primavera, oltre alle misure restrittive tenute in vigore nel corso dei mesi successivi, hanno impattato profondamente sulla filiera Horeca. La chiusura alle ore 18 di bar, alberghi e ristoranti, prevista già dal Dpcm in vigore dallo scorso lunedì 26 ottobre, ha ulteriormente aggravato la situazione per tutta la filiera, composta non solo dagli esercizi che ricevono gli utenti, ma anche dall’articolata e diffusa rete di produttori che forniscono le tecnologie e le attrezzature che rendono l’Italia un’eccellenza mondiale nell’accoglienza. 

Per questo si suseguono le prese di posizione delle varie organizzazioni impremditoriali coinvolte nel sistema Horeca. 

Nella consapevolezza che sia necessario prevedere misure straordinarie per contenere la pandemia e tutelare la salute dei cittadini, Anima Confindustria, con le sue associazioni Aqua Italia, Assofoodtec e Fiac, e APPLiA Italia Confindustria con EFCEM Italia, sottolineano la grave condizione di instabilità economica che sta colpendo le aziende e i lavoratori dell’intera filiera dell’Horeca e sollecitano il Governo e le istituzioni per sostenere le imprese. La proposta, da un lato, è di allargare il perimetro dei beneficiari dei risarcimenti erogati dal Governo con il recente “Decreto Ristori”, e dall’altro di introdurre specifici incentivi per stimolare gli investimenti degli esercenti in vista di una ripartenza auspicata come prossima.

Considerando i settori rappresentati da Anima Confindustria – Aqua Italia, Assofoodtec e Fiac – e da APPLiA Italia con EFCEM Italia, le recenti decisioni del Governo potrebbero determinare una perdita di fatturato di circa 900 milioni di euro per la durata della chiusura di 30 giorni prevista dagli ultimi Dpcm.

Monitorare costantemente l’andamento delle aziende associate con l’obiettivo di riportare all’attenzione del Ministero dello Sviluppo Economico l’attuale realtà della produzione della birra artigianale italiana, comparto fortemente interessato dalle restrizioni in atto per le attività di somministrazione, per il quale però il Decreto Ristori (D.L. 28/10/20 n. 137) non prevede interventi. Con questa prima azione, Unionbirrai, associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, intende muovere un’importante passo a tutela di un settore già fortemente colpito dalla pandemia.
Ancora una volta l’emergenza Covid-19 potrebbe nuocere gravemente alla birra indipendente, perché se da una parte il Decreto Ristori ha previsto un contributo a favore di bar, pub e ristoranti, direttamente interessati dalle restrizioni degli ultimi provvedimenti per contenere i contagi, dall’altra non ha prestato attenzione alle aziende di quella filiera strettamente legata al mondo della somministrazione, come i produttori indipendenti di birra artigianale.
“Il parere della nostra associazione sugli interventi previsti dal Decreto Ristori è fortemente negativo. – ha affermato Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai – Come inopportuna ci appare la scelta di individuare come destinatari di sovvenzionamenti unicamente i codici ATECO direttamente colpiti dalle misure restrittive, come quello delle attività di somministrazione, non tenendo in considerazione la filiera strettamente legata a questo settore e andando quindi a penalizzare il comparto della birra artigianale italiana, che seguendo principi di filiera corta e territorialità si esprime maggiormente nei canali commerciali tipicamente legati a quelli della somministrazione.”

L’intento di Unionbirrai è ora quello di sottoporre dati concreti all’attenzione dei ministeri competenti, affinché il settore della birra artigianale indipendente venga attenzionato come fortemente colpito, in considerazione anche del fatto che il comma 2 dell’art. 1 del D.L. 28/10/20 n. 137 già prevede l’individuazione di ulteriori codici ATECO fra i destinatari di aiuti, a condizione che tali settori siano direttamente pregiudicati delle misure restrittive, anche se al momento i fondi previsti non sono sufficientemente adeguati a soddisfare tutte le aziende che potrebbero essere coinvolte.

E sullo stesso tema, come abbiamo riportato, è già intervenuto Maurizio Danese. Secondo il presidente di GH – Grossisti Horecadietro la ristorazione c’è una filiera di quasi 4mila aziende e 58mila dipendenti che con il Decreto in vigore da oggi accuserà ulteriori perdite per circa 1 miliardo di euro. Complessivamente, in questo annus horribilis il sistema distributivo nel canale horeca accuserà mancati introiti per oltre 8 miliardi di euro, pari a circa il 50% del proprio fatturato. Dietro alle saracinesche chiuse di bar e ristoranti ci siamo anche noi, e il Governo non potrà non tenerne conto nei piani di ristoro che sta redigendo. Chiediamo aiuti concreti e immediati”. 

Da marzo ad oggi – ha proseguito Danese – abbiamo garantito la tenuta del comparto con politiche aziendali-cuscinetto tra i produttori e il canale horeca; abbiamo sopperito alla mancanza di liquidità dei nostri clienti subendo anche importanti perdite su crediti, sostenendo così il settore. Questa seconda ondata – ha continuato il presidente di GH – non mette a rischio solo la nostra esistenza, ma anche quella di migliaia di piccoli produttori italiani, che rappresentano la grande maggioranza delle nostre provviste. Il rischio di acquisizioni da parte di multinazionali straniere si sta moltiplicando e con il loro ingresso l’italianità a tavola ne uscirebbe stravolta. In questo periodo – ha concluso – ci sentiamo come portatori di vivande in trincee decimate da smart working e nuovi lockdown: se non ci salviamo tutti morirà un asset fondamentale dell’ospitalità made in Italy”.

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