Accordo Ue-Cina: Filiera Italia chiede ulteriori tutele

“Ogni passo avanti verso la tutela delle nostre eccellenze è una buona notizia, in questo caso siamo davanti a un accordo storico ma il bicchiere per l’Italia resta mezzo vuoto”. Così Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia saluta il via libera da parte del Parlamento Ue all’accordo tra Unione europea e Cina a garanzia della protezione dei beni alimentari UE dalle contraffazioni o dall’utilizzo illecito della propria denominazione. Si attende, quindi, l’ok definitivo da parte del Consiglio, in previsione per l’Ue un rilancio delle esportazioni agroalimentari verso la Cina, che nel 2019 ammontavano già a 14,5 miliardi di euro (più di 400 milioni di euro per la sola Italia). 

Saranno 100 i prodotti europei che ad essere tutelati, di questi 26 sono italiani. Parliamo di molte eccellenze, fra cui l’Aceto balsamico di Modena, il prosciutto di Parma e San Daniele, la mozzarella di bufala campana e il parmigiano reggiano “Si passa da 10 a 100 denominazioni protette” ricorda Scordamaglia che però resta critico su un punto “Il problema è la mancata tutela dei nomi generici, pensiamo al tristemente noto Parmesan che in Nord America è considerato generico ed utilizzabile per indicare una categoria di prodotto, alla stregua di “mozzarella” e questo genera confusione nella mente dei consumatori”. 

Inoltre nell’accordo con la Cina, a differenza di quello con il Canada o il Giappone, non risulta esplicitato il divieto di utilizzare i nomi generici in abbinamento con parole o simboli che richiamino all’italianità, aumentando così le possibilità di inganno ai danni di chi vorrebbe acquistare Made in Italy. “In questi casi – ricorda Scordamaglia – resta solo la via ordinaria ed impervia di ricorrere al tribunale dei Marchi”. Un aspetto che Filiera Italia non considera secondario ricordando che rispetto agli oltre 100 miliardi di Italian sounding esistenti al mondo, sono oltre 600 i prodotti Italian Sounding presenti sul mercato asiatico. La categoria più colpita dal fenomeno è quella dei condimenti, ovvero salse, sughi, oli con il 26,8% dei prodotti che evocano l’autentico Made in Italy acquistati in Asia. Al secondo posto tra i prodotti più imitati, i surgelati e piatti pronti (con una quota del 19,6%), seguiti a brevissima distanza dalla pasta (19,1%). Si attestano invece al 17,5% i prodotti lattiero-caseari.

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