Agroalimentare a rischio per i costi energetici, crescono le preoccupazioni

Francesco Mutti

Continuano le prese di posizione di associazioni e singoli imprenditori sulle ripercussioni che i continui aumenti dei costi energetici si stanno avendo anche sul comprato agroalimentare. 

Se i costi dell’energia continuano ad aumentare con questo ritmo, anche del 35% in una settimana, è la preoccupazione generale,  le aziende del settore agroalimentare non potranno continuare il proprio lavoro. 

Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia avverte che il comparto “rischia seriamente di fermarsi”. “Tutti i comparti sono importanti – sottolinea Scordamaglia in una nota – ma se a fermarsi fosse la nostra filiera, che nel complesso vale 570 miliardi di euro di fatturato (25% del Pil nazionale) e impiega 4 milioni di dipendenti, la situazione diventerebbe davvero critica”.

“Senza un intervento adeguato la gravità della situazione potrebbe provocare anche assenza scaffale di alcuni prodotti – aggiunge – se si pensa che agricoltori, allevatori, industria alimentare (pensiamo ai conservieri, ai salumifici, alle industrie dei formaggi) tutti caratterizzati da consumi energetici estremamente elevati, stanno operando con perdite sempre più ingenti per i costi energetici esplosi e senza limite in vista”. “Per le nostre imprese agricole e industriali non si parla più di erosione dei margini – precisano da Filiera Italia – ma di possibile stop alla produzione con problemi di approvvigionamento sul mercato interno e sulle nostre esportazioni, che valgono 60 miliardi di euro”. “I partiti impegnati nella campagna elettorale prendano atto della gravità e straordinarietà della situazione, e diano trasversalmente pieno mandato al governo ancora in carica per fornire energia e gas ad un prezzo calmierato alle filiere essenziali, a cominciare da quella agroalimentare, e per negoziare con il sostegno di tutti a Bruxelles un price cap europeo subito”, chiede Scordamaglia, che conclude: “Bisogna intervenire subito in quanto tra qualche settimana potrebbe essere già tardi e il costo sociale ed economico dello stop sarebbe ben più duro per il Paese”. 

Se i costi dell’energia continuano ad aumentare con questo ritmo, anche del 35% in una settimana, le aziende del settore agroalimentare non potranno continuare il proprio lavoro. “Serve un intervento importante per trovare un plafond a questi costi”. A chiederlo è Francesco Mutti, amministratore delegato dell’omonimo gruppo, “Oggi il tema dell’incremento costi sta colpendo pesantemente, ma in modo veramente drammatico il mondo delle imprese – dice – All’interno della filiera solo una parte di questi costi sono stati ribaltati ad oggi presso il consumatore finale. Come filiera abbiamo il compito e il dovere di poter preservare il più possibile il consumatore da questi aumenti, anche perché una fetta importante sono legati al mondo di prodotti alimentari. La responsabilità della filiera, però, non può essere esclusiva: occorrono delle azioni forti affinché – uno fra tutti – il prezzo del gas trovi una sua ragionevolezza. Consideriamo che oggi il prezzo del gas è aumentato di 12 volte rispetto a due anni orsono. E’ un valore assolutamente straordinario di cui non può essere solo la filiera a farsene carico”.

Allarme condiviso anche dall’Anicav. L’Associazione delle industrie delle conserve vegetali chiede al governo misure immediate come raddoppio del credito d’imposta e proroga dei termini di utilizzo con condizioni più favorevoli (possibilità di cedere il credito agli stessi gestori e l’azzeramento o l’abbattimento degli interessi in caso di dilazione dei pagamenti), una sospensione del meccanismo Ets per evitare ulteriori aggravi per le aziende e un intervento diretto su Arera per la revisione del costo di conferimento delle capacità di trasporto di gas naturale che impatta in maniera notevole sui costi delle imprese ad alta stagionalità come quelle che trasformano pomodoro.

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